Tacito
Il seguente brano è tratto dalla Vita di
Agricola e riporta le parole di
Calgaco (Calgax) capo dei
Britanni nell'ultimo tentativo di questi di
opporsi alla conquista romana. Calgaco si sta
rivolgendo ai suoi guerrieri prima dello
scontro.
-
Auferre trucidare rapere falsis
nominibus imperium, atque
ubi solitudinem faciunt, pacem appellant
- Depredano, trucidano, rubano e questo lo
chiamano col nome falso di impero; hanno
fatto un deserto e lo hanno chiamato pace.
(traduzione libera)
La seconda parte di questa frase divenne
famosa durante la
Guerra del Vietnam (anni
70) in quanto usata in numerosi manifesti di
protesta con riferimento al comportamento delle
truppe statunitensi.
Concezione cristiana della pace
La pace nell'Antico Testamento
Nella religione
cristiana, come scritto nell'Antico
Testamento, la pace si esprime con la parola
shalom (שלום). Questa parola va
considerata e compresa in rapporto al contesto
in cui viveva il
popolo ebraico, che per la maggior parte
della sua storia antica si è trovato in una
sofferta lotta per la
sopravvivenza, minacciato e minacciando
continuamente di aggressione e schiavitù qualche
popolo vicino.
Ciò avveniva nell'epoca più antica, quando
gli
ebrei erano un popolo
nomade o seminomade, sia più tardi, quando,
a partire dal
XII secolo AC, essi si stanziaranno in città
e villaggi.
Quando nell'antico testamento si legge la
parola pace, bisogna pensare a una situazione
ideale dove il popolo può vivere in
tranquillità, senza minacce esterne. La pace
favorisce lo sviluppo delle attività umane, e il
servizio di
Yahweh.
I profeti che annunciano i tempi del
messia (per esempio
Isaia 11,6) amano descrivere la pace in
termini
paradisiaci, dove persino tra gli
animali non ci sarà la lotta per la
sopravvivenza.
La pace nella predicazione di Gesú
Gesù predica l'avvento del
Regno di Dio: il
Padre offre agli uomini la
salvezza promessa dai profeti; è necessario
prendere una decisione e aderire alla sua
persona e coinvolgersi nell'annuncio della buona
notizia.
In questo contesto, per Gesù il valore della
fedeltà e della testimonianza alla sua persona è
più importante che il valore della pace.
Sebbene viva in un momento di dominazione
straniera, Gesù non si schiera né con i patrioti
né con i collaborazionisti. Piuttosto invita
tutti a essere fedeli a Dio. Sembra che riguardo
alla pace voglia dire: non importa la situazione
esterna, quanto la fedeltà a Dio che chiama.
Per questo, usando una forma di esprimersi
per contrapposizioni comune nel suo tempo, Gesù
afferma che non è venuto a portare la pace, ma
la
guerra, e che i primi nemici dell'uomo
saranno i suoi stessi familiari (vedi
Matteo 10,34). Con questo intende dire che
non si può sacrificare la fedeltà alla parola e
alla chiamata di Dio per non entrare in
conflitto con la propria famiglia.
La pace nel resto del Nuovo Testamento
Cristo
resuscitato si presenta agli apostoli la
sera dello stesso giorno di
Pasqua e dice loro: "La pace sia con voi" (Giovanni
20,21). Questa pace è la piena
comunione con Dio, frutto del
sacrificio redentore di Gesù.
San Paolo, scrivendo agli
Efesini, dice che "Cristo è la nostra pace,
perché ha fatto di due popoli uno solo" (2,14):
vuol dire che l'annuncio del
vangelo ai
giudei e ai
pagani ha fatto entrare in contatto due
popoli che prima erano antagonisti.
La pace, figlia dello sviluppo e della
giustizia nel pensiero di Paolo VI
Il
papa Paolo VI ha osservato nell'enciclica
Populorum progressio (26
marzo
1967) che la pace è legata alla
giustizia (n. 5). Per questo, dice, ha
creato la Pontificia Commissione Giustizia e
Pace:
-
Infine, recentemente, nel desiderio
di rispondere al voto del
concilio e di volgere in forma concreta
l'apporto della
Santa Sede a questa grande causa dei
popoli in via di sviluppo, abbiamo
ritenuto che facesse parte del Nostro dovere
il creare presso gli
organismi centrali della chiesa una
commissione pontificia che avesse il compito
di «suscitare in tutto il popolo di Dio la
piena conoscenza del ruolo che i tempi
attuali reclamano da lui, in modo da
promuovere il
progresso dei popoli più poveri, da
favorire la
giustizia sociale tra le
nazioni, da offrire a quelle che sono
meno sviluppate un aiuto tale che le metta
in grado di provvedere esse stesse e per se
stesse al loro progresso» (Lettera
apostolica
motu proprio
Catholicam Christi Ecclesiam:
AAS 59 (1967), p. 27). «Giustizia e
pace» è il suo nome e il suo programma. Noi
pensiamo che su tale programma possano e
debbano convenire, assieme ai Nostri figli
cattolici e ai
fratelli cristiani, gli uomini di buona
volontà. È dunque a tutti che Noi oggi
rivolgiamo questo appello solenne a
un'azione concertata per lo sviluppo
integrale dell'uomo e lo sviluppo solidale
dell'umanità.
La stessa enciclica aggiunge più avanti un
altro importante elemento: "Lo sviluppo è il
nuovo nome della pace" (n. 76):
-
Le disuguaglianze economiche, sociali
e culturali troppo grandi tra popolo e
popolo provocano tensioni e discordie, e
mettono in pericolo la pace. Come dicevamo
ai padri conciliari al ritorno dal nostro
viaggio di pace all'ONU: «La condizione
delle popolazioni in via di sviluppo deve
formare l'oggetto della nostra
considerazione; diciamo meglio, la nostra
carità per i
poveri che si trovano nel mondo - e sono
legione ìnfinita - deve divenire più
attenta, più attiva, più generosa» (AAS 57
(1965), p. 896). Combattere la
miseria e lottare contro l'ingiustizia,
è promuovere, insieme con il miglioramento
delle condizioni di vita, il progresso umano
e spirituale di tutti, e dunque il
bene comune dell'umanità.
La pace non si riduce a un'assenza di
guerra, frutto dell'equilibrio sempre
precario delle forze. Essa si costruisce
giorno per giorno, nel perseguimento di un
ordine voluto da Dio, che comporta una
giustizia più perfetta tra gli uomini. (Cf.
papa Giovanni XXIII, enciclica
Pacem in terris: AAS 55 (1963), p.
301)
Per Paolo VI è chiaro che non ci può essere
pace finché non ci sia giustizia e possibilità
di un sano sviluppo per tutti i popoli.
Gli altri interventi dei papi sulla pace
Benedetto XV chiamò la guerra una "inutile
strage" (1917).
Pio XII alzó la voce per affermare che
"Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto
con la pace".
Giovanni XXIII scrisse l'enciclica
Pacem in terris, dedicata al tema della
pace.
Paolo VI gridò davanti all'assemblea
dell'ONU: "Mai più la guerra!".
Giovanni Paolo II ha più volte alzato la
voce sull'inutilità della guerra e sulla
necessità del dialogo per risolvere i conflitti
tra le nazioni. Lo ha fatto soprattutto in
occasione della
Guerra del Golfo (1991)
e del conflitto irakeno (2003).
Riflessione teologica
Dopo
Cristo la Pace è il dono offerto agli uomini
dal Signore risorto ed è il frutto della vita
nuova inaugurata dalla sua
resurrezione. La pace, pertanto, si
identifica come "novità" immessa nella storia
dalla
Pasqua di Cristo. Essa nasce da un profondo
rinnovamento del
cuore dell'uomo.
È un dono da accogliere con
generosità, da custodire con cura, e da far
fruttificare con maturità e responsabilità. Per
quanto travagliate siano le situazioni e forti
le tensioni e i conflitti, nulla può resistere
all'efficace rinnovamento portato dal Cristo
risorto.
Cristo è la pace di tutti gli uomini. Con la
morte in croce, Cristo ha riconciliato
l'umanità con
Dio e ha posto le basi nel mondo di una
fraterna convivenza fra tutti.
I credenti sperimentano la potenza
rinnovatrice del suo
perdono. La
misericordia divina apre il cuore al perdono
verso i fratelli, ed è con il perdono offerto e
ricevuto che si costruisce la pace nelle
famiglie e in ogni altro ambiente di vita.
La pace nel pensiero di Martin Luther King
Martin Luther King, in una lettera che ha
mandato dalla prigione di Birmingham (USA)
ha scritto che: "La vera pace non è solo la
assenza di tensione: è la presenza della
giustizia" (vedi
M.L.King - Lettere dal carcere (in inglese)
Il pacifismo moderno
Nei tempi moderni si è sviluppata una
coscienza più chiara del fatto che i problemi
nazionali e internazionali possono essere
risolti senza ricorrere alla violenza. Tuttavia,
alcune manifestazioni pacifiste sono sfociate in
aspri scontri con le forze dell'ordine (come ad
esempio in occasione del
G8 di Genova).
Peace Studies
I "peace studies" ("studi sulla pace")
sono una recente subdisciplina delle
scienze politiche che si occupa dell'
analisi dei fattori
psicologici,
sociologici e
politici determinanti nell'ottenimento di
una pace positiva, mentre normalmente gli studi
sulle
relazioni internazionali si occupano dei
fattori, problemi, fenomeni e genesi della
guerra ignorando quelle che sono le basi
della pace. Illustri Protagonisti di questa
giovane disciplina sono
Kenneth E. Boulding,
Dieter Senghaas,
Johan Galtung,
Ernst-Otto Czempiel,
Lothar Brock.
I "peace studies" si sono sviluppati
recentemente anche in
Italia con la nascita di corsi di laurea e
master universitari (Vedi
[1],
[2] e
[3]).
Voci correlate