Molto spesso, in questi ultimi tempi, ci
si ritrova a riflettere e a discutere
sul problema dei diritti dei bambini e
delle bambine. La prima cosa che
generalmente io faccio, quando affronto
questi temi, è quella di mettermi nei
panni dei bambini e delle bambine. Credo
infatti che sia importante fare memoria,
cioè ripensarci noi bambini, ripensare a
quando noi eravamo bambini e bambine.
Per questo, è bene farsi alcune domande:
- quali erano i nostri diritti?
- chi ce li garantiva?
- avevamo coscienza dei nostri diritti o
- questo - era un fatto del tutto
naturale?
A partire da questi interrogativi e
dalle risposte che ho raccolto e che
raccolgo da centinaia di adulti, da un
pò di tempo a questa parte sto cercando
di far capire ad insegnanti, genitori,
educatori e politici, quanto siano
importanti e fondamentali alcuni
diritti. Per noi erano forse scontati,
ma non lo sono oggi per i bambini e le
bambine dei nostri territori, delle
città e dei paesi del Nord del mondo. Se
dovessi, oggi, portare un contributo
alla riscrittura della Carta
internazionale dei diritti dell'infanzia,
sicuramente io aggiungerei anche questi
diritti fra quelli "fondamentali".
1. Il diritto all'ozio
Siamo nell'epoca in cui tutto è
programmato, curriculato,
informatizzato. I bambini hanno
praticamente la settimana programmata e
i loro iter scolastici sono praticamente
predefiniti dagli adulti. Non c'è spazio
per l'imprevisto, l'auto-organizzazione
infantile. Anche gli stessi spazi di
gioco sono preorganizzati. Non c'è, da
parte dei bambini e delle bambine, la
possibilità di momenti autogestiti. È
ingiusto pensare al tempo dei bambini e
delle bambine esclusivamente come un
tempo di preparazione a "quando saranno
adulti, con un loro lavoro". Non è
importante solo la meta. É importante il
"camminare", soprattutto il "camminare
insieme" e non tanto la meta da
raggiungere. É fondamentale capire
perciò che è educazione anche "fare
strada insieme", attenti a ciò che ci
viene incontro, attenti all'imprevisto,
consapevoli che spesso, come dice il
Piccolo Principe, "l'essenziale è
invisibile agli occhi".
2. Il diritto a sporcarsi
Siamo nell'epoca del look, delle
cartelle firmate, dei bambini col
telefonino, ma anche del "non ti
sporcare", "stai attento", "ma cosa mi
hai combinato!". Credo che i bimbi e le
bimbe abbiano il sacrosanto diritto di
giocare con i materiali naturali quali
la sabbia, la terra, l'erba, le foglie,
i sassi, i rametti... Quanta gioia c'è,
nei bambini e nelle bambine, quando
pastrocchiano in una pozzanghera o in un
cumulo di sabbia. Però queste, a detta
degli esperti, rischiano di essere
operazioni poco igieniche, mentre nulla
si dice sulla poca igienicità di una
moquette, delle paste sintetiche
ampiamente reclamizzate con cui giocano
e manipolano i bambini e le bambine.
Proviamo ad osservare attentamente bimbi
e bimbe in alcuni momenti di pausa dai
giochi organizzati oppure quando siamo
in un boschetto. Scopriremo con quanto
interesse riescono a giocare per ore con
poche cose trovate per terra.
3. Il diritto agli odori
Oggi rischiamo di mettere tutto "sotto
vuoto". Nel percorrere i nostri paesi è
difficile poter distinguere luoghi
tipici, percettibili olfattivamente fino
a pochi anni fa. Pensiamo alla bottega
del fornaio, all'officina del meccanico
delle biciclette, al calzolaio, al
falegname, alla farmacia. Questi luoghi
emanavano odori speciali, di cui si
impregnavano i muri, le porte, le
finestre. Oggi entrare in una scuola
(chi non ricorda l'odore del primo
giorno di scuola), in un ospedale, in un
supermercato o in una chiesa vuol dire
respirare ed annusare lo stesso odore di
detergente. Non ci sono più differenze.
Abbiamo annullato le diversità di naso,
o meglio le diversità olfattive. Eppure
chi di noi non ama sentire il profumo di
terra dopo un acquazzone e non prova un
certo senso di benessere entrando in un
bosco ed annusando il tipico odore di
humus misto ad erbe selvatiche? Sono
sensazioni che dal naso passano
direttamente al cervello e spesso ci
fanno fare salti di memoria, tornare
alla nostra infanzia. Imparare fin da
piccoli il gusto degli odori, percepire
i profumi offerti dalla natura, sono
esperienze che ci accompagneranno lungo
la nostra esistenza.
4. Il diritto a prendere la
parola
Dobbiamo constatare sempre di più la
triste realtà di un sistema di
comunicazione e di informazione
"unidirezionale". Da una parte la TV, i
giornali, i mass-media, dall'altra gli
ascoltatori, i telespettatori che
subiscono passivamente. Siamo al
monologo. Un tempo si poteva entrare
tranquillamente nelle case e si poteva
chiacchierare al caldo del camino o
della stufa. Oggi al centro non c'è più
il fuoco, ma la televisone possibilmente
sempre in funzione. Si mangia, si gioca,
si lavora, si accolgono gli amici "a
televisione accesa". Un calcolo
approssimato e per difetto ci dice che
se un bambino o una bambina seguono 2
ore di TV al giorno per 360 giorni
all'anno abbiamo un totale di 720 ore.
Divise per le 24 ore di un giorno ci da
30 giorni, cioè un mese ininterrotto (24
ore al dì) di televisione all'anno. E
questo non è certo dialogo. Con la
televisione non si "prende la parola".
Cosa diversa è il raccontare fiabe,
narrare leggende, vicende e storie, fare
uno spettacolo di burattini. In questi
casi anche lo spettatore-ascoltatore può
prendere la parola, interloquire,
dialogare.
5. Il diritto a saper usare
le mani
La tendenza del mercato è quella di
offrire tutto preconfezionato.
L'industria sforna ogni giorno miliardi
di oggetti "usa e getta", che non
possono essere riparati. Nel mondo
infantile i giocattoli industriali sono
talmente perfetti e finiti che non
necessitano dell'apporto del bambino o
della bambina. Oggi, poi, anziché i
calcio-balillla, nelle sale giochi o nei
circoli ricreativi, ci si abitua al
video-gioco. E nel contempo mancano le
occasioni per sviluppare le abilità
manuali ed in particolare la manualità
fine. Non è facile trovare bambini e
bambine che sappiano piantare chiodi,
segare, raspare, cartavetrare,
incollare... anche perché è difficile
incontrare adulti che vanno in
ferramenta a comprare i regali ai propri
figli. Quello dell'uso delle mani è uno
dei diritti più disattesi nella nostra
società post-industriale e rischiamo di
avere bambini e bambine capaci di stare
ore davanti ad un computer, ma incapaci
di usare un martello o un paio di pinze.
6. Il diritto ad iniziare
bene
Qui mi riferisco alla problematica
dell'inquinamento. L'acqua non è più
pura come cantava San Francesco, l'aria
è intrisa di pulviscoli di ogni genere.
Da ciò l'esplosione delle allergie. La
terra è fecondata dalla chimica di
sintesi. Si dice sia il frutto non
desiderato dello sviluppo e del
progresso. Eppure in quel "tornare
indietro" che molti di noi hanno vissuto
fra il 1973 e il 1974, con la famosa
"austerity", abbiamo ritrovato il gusto
della città, lo stare insieme in maniera
conviviale, divertente, spensierata,
senza l'assillo dell'automobile e del
tempo. È questo che spesso i bimbi e le
bimbe ci chiedono. Da qui l'importanza
dell'attenzione a quello che "fin da
piccoli si mangia", "si beve" e si
respira.
7. Il diritto alla strada
La strada è per eccellenza il luogo per
mettere in contatto. La strada e la
piazza dovrebbero permettere l'incontro.
Oggi sempre più le piazze sono dei
parcheggi e le strade sono invivibili
per chi non ha un mezzo motorizzato.
Piazze e strade sono divenute
paradossalmente luoghi di
allontanamento. É praticamente
impossibile vedere bambini giocare in
piazza, spostarsi in bicicletta. Gli
anziani sono continuamente in pericolo
in questi luoghi. Dobbiamo ribadire che,
come ogni luogo della comunità, la
strada e la piazza sono di tutti, così
come ancora è in qualche nostro piccolo
paesino di montagna o in molte città del
Sud del mondo.
8. Il diritto al selvaggio
Anche nel cosidetto tempo libero tutto è
preorganizzato. Siamo nell'epoca dei "divertimentifici".
Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney,
Gardaland, Mirabilandia... parchi gioco
programmati nei dei dettagli e così è
nel piccolo, nei parchi pubblici e nel
verde delle città, compreso l'arredo
urbano. Certo, nulla da eccepire
riguardo l'aspetto estetico. Ma dov'è la
possibilità di costruire un luogo di
rifugio-gioco, dove sono i canneti e i
boschetti in cui nascondersi, dove sono
gli alberi su cui arrampicarsi? Il mondo
è fatto di luoghi modificati dall'uomo,
ma è importante che questi si
compenetrino con luoghi selvaggi,
lasciati allo stato naturale. Anche per
l'infanzia.
9. Il diritto ad ascoltare il
silenzio
I nostri occhi possono socchiudersi e
così riposare, ma le orecchie sono
sempre aperte. Così sono sottoposte
continuamente alle sollecitazioni
esterne. Mi sembra ci sia l'abitudine al
rumore, alla situazione rumorosa, a tal
punto da temere il silenzio. Sempre più
spesso è facile partecipare a feste di
compleanno di bimbi e bimbe accompagnate
da musiche assordanti. E così è a
scuola. L'immagine emblematica di tutto
ciò è data da coloro che si spostano
alle periferie delle città e a piedi o
in bicicletta si portano nella natura
per una bella passeggiata con le cuffie
del registratore portatile ben inserite
nelle orecchie. Perdiamo occasioni
uniche: il soffio del vento, il canto
degli uccelli, il gorgogliare
dell'acqua. Questo é diritto al
silenzio, ad educarci all'ascolto
silenzioso.
10. Il diritto a percepire le
sfumature
La città ci abitua alla luce, anche
quando in natura luce non c'è. Nelle
nostre case l'elettricità ha permesso e
permette di vivere di notte come fosse
giorno. E così spesso non si percepisce
il passaggio dall'una all'altra
situazione. Quel che più è grave è che
poche persone, pochi bambini o bambine
riescono a vedere il sorgere del sole,
cioé l'aurora e l'alba oppure il
crepuscolo o il tramonto. Non si
percepiscono più le sfumature. Il
pericolo che qualcuno paventa è che
vedendo solo nero o bianco si rischi
davvero l'integralismo. In una società
in cui le diversità aumentano anziché
diminuire, quest'atteggiamento può
risultare realmente pericoloso. Buona
riflessione a tutti.
Gianfranco
Zavalloni
Tratto da:
http://www.scuolaer.it/